Sospesi
Viaggio nel Centro sinistra che non c'è più.
Da qualche mese Molfetta non ha più un sindaco. Nonostante Paola Natalicchio si accanisca sui suoi amatissimi social a spiegarle, le ragioni delle sue dimissioni restano difficili da comprendere. Molfetta non ha più nemmeno leader capaci di aggregare forze politiche sempre più frantumate, spesso semplici manifestazioni elettorali di interessi familistici, i confini fra gli schieramenti ridotti ad aree di scambio.
A cura di: Emiliano Altamura, Antonello Mastantuoni, Lorenzo Pisani, Massimiliano Piscitelli, Tiziana Ragno e Lella Salvemini
- Tutta mia la città, 1
- Tutta mia la città, 2
- Tutta mia la città, 3
- Tutta mia la città, 4
- Tutta mia la città, 5
Le interviste che qui riportiamo, le prime di altre che vi proporremo nei prossimi mesi, sono state registrate lo scorso 18 giugno, un mese e mezzo dopo le dimissioni di Paola Natalicchio da sindaco di Molfetta. Nessuno allora avrebbe potuto immaginare che la lotta di Guglielmo Minervini con la sua malattia avrebbe avuto un esito così tragico e repentino. Anche a lui avevamo chiesto di concederci una intervista, ma il momento – ci aveva fatto sapere – non gli sembrava opportuno per rilasciare dichiarazioni. Certo c’è qualcosa di simbolico nel fatto che la sua scomparsa coincida con quella che sembra una rottura definitiva fra i due mondi che aveva cercato di tenere insieme, con la loro disintegrazione in frammenti votati in tutta probabilità a una endemica irrilevanza.
Della stagione della convergenza fra Margherita e DS e della loro seguente “fusione fredda” nel PD Guglielmo Minervini è stato nella nostra città il protagonista assoluto, l’unica personalità capace di tenere insieme anime che in realtà hanno continuato a essere distanti e reciprocamente diffidenti.
Anche se poi le ragioni di questa distanza non è che siano tanto facili da comprendere. Quando si guardi alle prospettive strategiche – dal porto alla zona artigianale, dalle aree di sviluppo urbano, al consumo di suolo zero ma con i diritti edificatori da tutelare comunque, dalla politica culturale a quella sociale – tutta questa differenza sfuma in distinguo assai sottili. Che lo diventano ancora di più quando le contrapposizioni avvengono sul piano della governance quotidiana, di quella realpolitik spicciola in cui chi governa si deve inevitabilmente esercitare: così sfumate e così arruffate da far sorgere il sospetto che le esercitazioni abbiano natura esclusivamente lessicale.
E infatti la cifra principale che traspare dalle interviste che proponiamo è lo sconcerto: dai punti estremi e opposti della coalizione si guarda agli esiti degli ultimi tre anni senza capirne i motivi. Forse caratteriali, si suggerisce, forse “politici” dove quest’ultimo termine, esausto e definitivamente consunto, va inteso come ragioni di schieramento e di posizionamento elettorale nazionale.
Tutta mia la città, 1
Intervista ad Annalisa Altomare e Gianni Porta
Tutta mia la città, 2
Intervista ad Annalisa Altomare e Gianni Porta
Tutta mia la città, 3
Intervista a Piero De Nicolo e Mino Salvemini
Il nostro viaggio nel Centro sinistra che non c’è più alla ricerca delle ragioni della caduta dell’amministrazione Natalicchio continua con le interviste a Mino Salvemini (Dèp) e Piero De Nicolo (PD). E scopre insospettate vicinanze.
Sarebbero state le coraggiose scelte urbanistiche – l’ambizioso obiettivo del “consumo di suolo zero” – e il conseguente scatenarsi del “partito dei costruttori” a determinare la caduta della Amministrazione Natalicchio? Ad ascoltare De Nicolo e Salvemini sembra proprio di no: che il PRG dovesse essere completato è stata opinione fondativa della coalizione, come in effetti si legge a pagina 12 del programma elettorale dell’ex-sindaco [“… mentre procede la realizzazione degli ultimi residui di attuazione del PRGC (adeguamento al PAI e al PUTT/p e comparti 10/11/12, 17, 18, 5 ecc.), avviare concretamente la definizione del Documento programmatico preliminare, che apra la strada al nuovo Piano urbanistico generale (PUG), che persegua gli obiettivi della valorizzazione strategica del territorio”].
In verità il linguaggio appare piuttosto ambiguo: “mentre procede la realizzazione… del PRGC” vuol dire che va incoraggiata e portata a compimento o che bisogna cercare di rallentarla in attesa di emendarla? E quell’espressione “avviare concretamente” mostra l’intenzione di varare rapidamente il DPP (Documento Programmatico Preliminare) per costringere i progettisti dei comparti ancora inedificati all’adeguamento alle nuove condizioni (mettendo in conto i conseguenti e potenzialmente assai onerosi ricorsi) oppure quella di avviare un grande confronto nella città per porre le condizioni politiche che consentano di realizzare un PUG capace di ridisegnare il volto della città? Chissà. Fatto sta che mancando una “interpretazione autentica”, come si è espresso Piero De Nicolo, l’Amministrazione Natalicchio non solo ha finito per non fare nessuna delle due cose, ma ha persino smarrito i luoghi della discussione (“in Giunta – sostiene Salvemini – non si parlava mai di urbanistica, figuriamoci nelle riunioni di maggioranza”).
E il partito del mattone, dunque, dove e quando si sarebbe manifestato? Dove le richieste inconfessabili sarebbero state avanzate? Verosimilmente negli uffici del sindaco e dell’assessore al ramo che hanno preferito trattare personalmente con costruttori e proprietari con risultati migliorativi per la qualità urbana che con la maggior benevolenza possibile è difficile non giudicare men che modesti.
Oppure la posta in gioco era più alta? Forse gli appetiti inconfessabili erano altri? Per esempio un PUG in cui l’obiettivo del consumo di suolo zero fosse rimosso? Chissà. Una discussione pubblica non c’è mai stata e di un confronto fra forze politiche sull’argomento non si hanno notizie.
E dunque, se l’urbanistica non è stato veramente il terreno dello scontro e della divisione, dove e quando sarebbe avvenuta la rottura? La risposta, sorprendente, di Piero de Nicolo è che, in realtà, non sarebbe mai veramente avvenuta: nessuno nella maggioranza aveva interesse a far cadere l’amministrazione, come dimostrerebbe l’intervento dello stesso De Nicolo e quello politicamente assai più pesante di Emiliano per far rientrare i tentativi di sabotaggio operati da alcuni consiglieri del Centro sinistra.
Ancora più sconcertante è la tesi di Mino Salvemini: il conflitto, sostiene l’avvocato, è stata la cifra di questa amministrazione, lo stile amministrativo-narrativo degli ultimi tre anni. Un conflitto privo dell’ambizione di raggiungere un obiettivo, fine a se stesso, una risposta meccanica alle difficoltà.
Tutta mia la città, 4
Intervista a Piero De Nicolo, Mino Salvemini e Nino Sallustio
Qual è lo scenario che attende il prossimo futuro politico di Molfetta? Esiste, qui, ancora, un centro-sinistra? Verrebbe da dire di no. Col trattino o senza, la coalizione che ha portato alla vittoria Paola Natalicchio alle scorse consultazioni elettorali sembra roba vecchia, vecchissima. Il meccanismo – lo sappiamo – si è rotto e, mentre davvero timidi appaiono i tentativi di ripararlo, i suoi malandati cocci si fanno largo a fatica, l’uno a spese dell’altro.
Da un lato, un partito della Nazione (o della Regione) in formazione, con il Pd alla guida di una grande, grandissima, improbabile coalizione. Dall’altro, una sinistra che vorrebbe tendere al Pd (o ad alcune sue parti) ma che, anche in nome di pragmatiche ragioni di consenso elettorale, rifiuta mescolanze con personaggi estranei alla tradizione del centro-sinistra. Dall’altro ancora, una sinistra che, a difesa della propria identità e/o in ragione di insuperati e insuperabili conflitti, non intende fare alleanze, meno che mai con il Pd, individuato come responsabile dell’ultima crisi amministrativa.
In una prospettiva dominata da auto-referenzialità, rancori e ragioni personali, scarsa volontà di ‘metabolizzare un lutto’ (cioè elaborarlo e superarlo, non rimuoverlo d’emblée facendo finta che nulla sia successo), l’impressione è che, in generale, si annaspi nel caos.
Sullo sfondo, la pesante eredità di Guglielmo Minervini: l’esperienza del ’94 (e oltre), il rimpianto causato dall’esito dell’amministrazione Natalicchio, un vuoto di potere e di visione che, negli ultimi anni, nessuno ha voluto e saputo colmare.